di cosa mi occupo
ADENOTONSILLECTOMIA
I bambini con ipertrofia adeno-tonsillare si dividono in infettivi ed ostruttivi. I primi sono quelli che si ammalano spesso e necessitano di terapie antibiotiche frequentemente. Generalmente i bambini che dopo terapia medica (immunostimolante e/o antibiotica) continuano ad ammalarsi più di 4 volte all’anno per più anni consecutivi vengono selezionati per l’adenotonsillectomia. Per i bambini ostruttivi il percorso è diverso. Questi bambini non si ammalano, ma hanno difficoltà ad alimentarsi, a parlare e soprattutto possono avere delle apnee notturne. Sono bambini che possono essere sonnolenti, crescere poco oppure iperattivi. La terapia in questi bambini è l’adeno-tonsillectomia intracapsulare ovvero durante l’intervento non si rimuove la capsula tonsillare con vantaggi sostanziali. La diagnosi va sempre posta dall’otorino dopo aver eseguito una fibroscopio naso-faringea. E’ un esame che viene eseguito con un piccolo sondino provvisto di telecamera e che permette di valutare tutte le prime vie aeree, dalla punta del naso sino alle corde vocali. In pazienti con possibili apnee la valutazione è eseguita con la pulsiossimetria o la polisonnografia. Tali esami mostrano un possibile calo della concentrazione di ossigeno
durante il sonno dei bambini. Per quel che riguarda adenoidi e tonsille oggi la medicina suggerisce la terapia conservativa, tanto che i casi di tonsillectomia sono diminuiti drasticamente rispetto al passato e, quando si rivelano necessari, l’approccio chirurgico più indicato è quello di rimuovere il tessuto tonsillare, lasciando intatta la “capsula” tonsillare. Questo significa che il paziente avrà meno dolore e che il rischio del sanguinamento post-operatorio viene ridotto praticamente a zero perchè non viene scoperta la muscolatura della loggia tonsillare, ma protetta dalla capsula che funge da protezione.
RINOSINUSITI
La sinusite (più correttamente, rinosinusite) è una patologia comune e decisamente “democratica”, che non fa cioè distinzioni di genere o di età e si manifesta con naso chiuso e secrezione di muco denso e viscoso. Se, nei casi virali, più frequentemente coincide con il comune raffreddore, è più spesso la sua origine batterica a farne un fenomeno subacuto (se i sintomi permangono per 10-14 giorni) o cronico (con malessere che si protrae per più di 3 mesi). In questi ultimi casi l’ostruzione nasale generalmente comporta anche cefalea, dolore mascellare e un senso di pesantezza sopra e sotto gli occhi. La rinosinusite altro non è che l’infiammazione dei seni paranasali, ossia di quelle cavità pneumatiche del massiccio facciale che servono per alleggerire il peso del cranio, che può verificarsi per motivi congeniti, come la conformazione delle ossa del cranio, la presenza
di allergie a pollini, acari e peli di animali o per cause traumatiche ai danni del setto nasale o del cranio. Non si tratta, quindi, di un fenomeno esclusivo della stagione invernale, ma di un disturbo che, nel suo complesso, colpisce circa il 15% della popolazione durante tutto l’anno. Nel caso in cui l’infiammazione non sia riconducibile a una rinite virale, ma si cronicizzi, una visita specialistica presso un otorinolaringoiatra permette di avere una diagnosi differenziale e di risalire alle cause della patologia. Per fare questo, spesso si richiede anche un accertamento diagnostico, come la TC cone beam del massiccio facciale
(tecnica radiologica che usa un fascio conico di raggi x e che si caratterizza per un ridotto apporto di radiazioni) e la fibroscopia nasale (esame ambulatoriale effettuato tramite un sottile tubicino dotato di telecamera che viene inserito nella cavità nasale). Con queste due indagini, si possono indagare le caratteristiche anatomiche del naso e si determina l’approccio terapeutico più indicato che, in una prima fase, nella maggior parte dei casi prevede antibioticoterapia ed aerosolterapia utilizzando docce micronizzate a base di cortisone che agisce come antinfiammatorio locale, favorendo la riduzione del gonfiore della mucosa nasale. Con queste ultime, in particolare, si è in grado di agire in maniera efficace direttamente sulle cavità nasali, concentrando l’azione del farmaco inalato sulle cavità nasali e paransali ed evitandone la diffusione ai polmoni. Quando le terapie mediche non riescono a risolvere lo stato infiammatorio in maniera definitiva, allora è opportuno valutare l’opzione dell’intervento. Oggi la soluzione per le sinusiti croniche, che siano associate a polipi nasali o meno, è la chirurgia endoscopica funzionale dei seni paranasali, chiamata FESS (Functional Endoscopic Sinus Surgery). Questa tecnica chirurgica mininvasiva utilizza ottiche endoscopiche, videocamere e strumenti dedicati con cui è possibile intervenire con grande precisione in spazi e superfici anche molto ridotti. Nel dettaglio, essa permette di rimuovere le secrezioni accumulate nelle cavità, le lamelle ossee che possono ostruire il normale flusso dell’aria e anche eventuali polipi. In questo modo vengono allargati gli spazi tra naso e cavità paranasali e viene ripristinato un corretto flusso dell’aria che permetterà la guarigione della sinusite. Dopo questo intervento il beneficio è immediato e il paziente
avverte già dalle prime settimane la sensazione di avere il “naso libero”. L’intervento, che si effettua introducendo l’endoscopio tramite le cavità nasali senza alcun taglio della cute, viene solitamente eseguito in anestesia generale, ha una durata di circa 60 minuti e prevede un ricovero di 1 o 2 giorni. L’opzione endoscopica consente tempi di recupero rapidi ed un minor disagio per il paziente, oltre all’assenza di cicatrici visibili sul volto. Al termine dell’intervento per far fronte a un leggero fisiologico sanguinamento, di solito limitato ai primi due giorni post-operatori, vengono applicati tamponi riassorbibili e medicazioni che non procurano fastidio al momento della loro rimozione. Fortunatamente non sono più previsti i tamponi di qualche anno fa che provocavano forte disagio al paziente. Anche gli antidolorifici vengono utilizzati solo in casi sporadici grazie alle nuove tecnologie e al minor trauma provocato dalla procedura. I successivi controlli endoscopici ambulatoriali con lo specialista, che si effettuano a distanza di 1 e 6 mesi, verificano la riuscita dell’intervento e il ripristino della completa funzionalità aerea nasale. Sempre in chiave mininvasiva possono eseere esguiti anche interventi di Balloon SinuPlasty, ossia l’utilizzo di un palloncino che viene introdotto con un filo guida e viene gonfiato all’interno del seno paranasale infiammato. La cavita paranasale viene così
rapidamente drenata e disostruita dalle secrezioni e viene ristabilita la corretta ventilazione. Questa soluzione viene utilizzata in casi opportunamente selezionati dalla TC e rappresenta un utile strumento in caso di sinusiti del seno frontale. La sinusoplastica dilatativa consente un recupero ancora più veloce e in alcuni casi la possibilità di essere eseguita in Day Hospital. Un approfondimento a parte meritano le sinusiti nei pazienti pediatrici, nei quali l’anatomia delle cavità nasali si modifica con la crescita e si completa solamente attorno ai 6/8 anni. Nei casi di sinusiti acute e croniche, innanzitutto, viene suggerita l’esecuzione di lavaggi con acqua salata, cure termali ed anche il soggiorno in ambiente marino per la sua azione antiinfiammatoria naturale. In caso di problemi ai turbinati si possono eseguire procedure in anestesia locale con l’ausilio di radiofrequenze. Questa energia a radiofrequenze emette un calore inferiori agli strumenti convenzionali permettendo di eseguire la procedura di turbinoplastica senza dolore per il paziente.
OSAS
Il russamento e la Sindrome dell’Apnea Ostruttiva nel Sonno (OSAS) rappresentano un problema sanitario, sociale ed economico che interessa in alcune fasce d’età più del 20% della popolazione sia per il sesso maschile che per quello femminile. Mentre il russamento è un problema soprattutto per chi dorme a fianco del russatore l’OSAS è una vera e propria malattia che nel corso degli anni può portare a problemi cardiovascolari (ipertensione, aritmie cardiache, infarti, ictus), stanchezza cronica, cefalea, calo della libido, obesità, irritabilità e depressione. L’OSAS è oggi riconosciuta come una delle cause più frequenti di eccessiva sonnolenza diurna e come tale individuata quale fattore o cofattore determinante o favorente in un rilevante numero di incidenti stradali e lavorativi. Il “russamento” è determinato da vibrazioni delle pareti faringee che producono una rumorosità connessa agli atti respiratori durante il sonno; non si realizza un'ostruzione completa e pertanto il ritmo del respiro non è interrotto da pause come durante le apnee. Il russatore è di per sé
inconsapevole del proprio sintomo. Essendo però il russamento molto fastidioso per il prossimo, il russatore viene non solo informato ma anche caricato di responsabilità quale disturbatore del sonno altrui. L’ OSAS (sindrome delle apnee ostruttive del sonno) è caratterizzata da arresti del passaggio dell’aria (apnee) la cui durata dipende dalla gravità della ostruzione (fino ad alcune decine di secondi). La gravità è data principalmente dal numero di interruzioni del respiro per ora di sonno. Il riconoscimento delle apnee del sonno richiede maggior attenzione e conoscenza del problema da parte dell’osservatore. Dopo una serie di atti inspiratori senza passaggio di aria ai polmoni
(apnea), si compie un’inspirazione tanto più profonda e rumorosa quanto più duratura è stata l’apnea.
La diagnosi è multidisciplinare, basata sullo studio del sonno (polisonnografia o monitoraggio cardio respiratorio notturno) da parte di un Medico del Sonno accreditato e sul bilancio otorinolaringoiatrico (tramite fibroscopia faringo-laringea); è integrabile con altri contributi specialistici secondo le patologie individuali (cardiologia, pneumologia, dietologia, endocrinologia). In diversi casi si può completare la diagnostica con la sleep endoscopy (endoscopia nel sonno) che ha il compito di studiare l’intero tratto respiratorio dal naso al laringe, di individuare le sedi di ostruzione (distretti nasale, rinofaringeo, retropalatale, orofaringeo, ipofaringeo) nonché di definirne entità e causa. Tale esame è eseguito in sala operatoria dallo specialista otorino con l’aiuto dell’anestesista che tramite un farmaco endovena addormenta il paziente per 15 minuti in modo da valutare le sedi di ostruzioni durante il sonno.
La terapia per il russamento comprende la perdita di peso, una corretta alimentazione in particolare durante le ore serali, evitare fumo e alcolici che possono causare un gonfiore della mucosa faringea e quindi predisporla ad una maggiore vibrazione notturna che provocherà il russamento. Migliorare la respirazione nasale con terapia medica e chirurgica può aiutare la dimin zione della vibrazione dei tessuti faringei. Interventi sui turbinati e sul palato molle possono essere eseguiti con laser o radiofrequenze in anestesia locale con minimi disagi per il paziente e buoni risultati. Attualmente vengono utilizzati anche dispositivi intraorali come gli “oral appliance” che vengono preparati dall’odontoiatra ed avanzando l’arcata dentaria inferiore durante la notte creano una tensione sul palato molle tale da farlo vibrare meno. Per l’OSAS la terapia principale è la CPAP (pressione positiva continua delle vie aeree) che consiste in un piccolo compressore che tramite una maschera nasale eroga pressione positiva sulle vie aeree per non farle collassare durante il sonno. Sebbene tali dispositivi siano stati miniaturizzati e silenziati nell’arco degli anni, esiste una quota di pazienti che ancora oggi non riesce a tollerare il dispositivo. In questi casi ci si può avvalere di terapie alternative come gli oral appliance o della terapia posizionale. Quest’ultima, tramite un piccolo vibratore posizionato con fasce elastiche sulla fronte o sul torace del paziente, permette al paziente di dormire in posizione laterale e non supina in modo da migliorare le apnee. In molti casi infatti le apnee peggiorano notevolmente se si dorme in posizione supina. La chirurgia è varia ed attualmente le tecniche esistenti sono molteplici. In molti casi occorre intervenire sul naso (deviazione del setto nasale, ipertrofia dei turbinati, sinusiti e poliposi nasali) e anche sul palato molle. Proprio gli interventi sul palato, le cosiddette faringoplastiche, hanno subito importanti miglioramenti. Mentre anni fa veniva rimosso abbondante tessuto faringeo provocando complicanze fastidiose, negli ultimi anni si sono sviluppate tecniche che consentono di riposizionare i tessuti senza rimuoverli. Si esegue un vero e proprio lifting del palato che permette di migliorare le apnee senza provocare danni permanenti al paziente. La diagnosi e la terapia sia del russamento che dell’OSAS richiede una notevole esperienza clinica e la collaborazione di numerose figure sanitarie. Il numero di pazienti è notevolmente aumentato
perché c’è più consapevolezza di tale patologia. Seguire tutti i passaggi diagnostici è fondamentale per impostare una terapia adeguata ad ogni singolo individuo.
Chirurgia Robotica Trans-Orale (TORS)
La chirurgia robotica trans-orale (TORS) è una particolare applicazione della piattaforma robotica Intuitive Surgical ® da Vinci® sviluppata dal Dr. Greg Weinstein e Dr. Bert O’Malley del Dipartimento di Otorinolaringoiatria presso l’Università di Philadelphia in Pennsylvania. La TORS è forse il più efficace trattamento chirurgico mini-invasivo oggi disponibile per le patologie della testa e del collo. Vengono trattate con questa tecnologia sia le patologie oncologiche sia patologie benigne quali le apnee notturne causate da un aumento di volume del base lingua e malformazioni dell’epiglottide. Il Sistema chirurgico Da Vinci permette al chirurgo di fornire al paziente procedure equivalenti ai tradizionali interventi chirurgici trans-orali, ma con il vantaggio di una visualizzazione 3D ad alta definizione delle strutture laringofaringee e la precisione e destrezza offerte dalla strumentazione robotica. Inoltre, la TORS offre i vantaggi delle procedure endoscopiche in casi che altrimenti sarebbero trattati attraverso un approccio trans-cervicale, quindi riduce al minimo la morbilità e migliora il risultato funzionale rispetto ad un approccio aperto.
Il sistema è composto da un cosiddetto carrello robotico con un endoscopio 3D e (in assetto TORS) due bracci porta strumenti al lavoro all’interno del faringe attraverso la bocca. Endoscopio e bracci robotici sono controllati da un chirurgo alla console lontana dal campo operatorio. La tecnologia di base del sistema può essere riassunta nei seguenti punti:
- visione incrementata 3D digitale, in alta definizione (HD). Lavorare con un’ottica del diametro di 10 o 8 millimetri, con angolazione di 0° o 30 ° verso l’alto significa una visione semi frontale (non tangenziale) del base lingua e dell’ epiglottide, con una vista stereoscopica che permette di ottenere una adeguata profondità di campo chirurgico. Un ingrandimento fino a 10x permette una facile identificazione di piccole strutture anatomiche come vasi e/o nervi.
- gli strumenti 5 millimetri “snakes” Endo Wrist® sono progettati con 7° di libertà, 180° di articolazione e 540° di rotazione, con un filtraggio del tremore molto efficiente e con 3 livelli di regolazione dell’ampiezza dei movimenti. Il movimento endofaringeo bimanuale sembra molto facile e naturale, ed è possibile un taglio ortogonale e non tangenziale sui piani chirurgici endofaringei.
- l’algoritmo intuitivo dei movimenti permette di riprodurre digitalmente lo stesso allineamento degli strumenti nelle mani del chirurgo della chirurgia a cielo aperto. L’esperienza complessiva, anche per il chirurgo principiante, è quella di lavorare in un ambiente aperto, con una curva di apprendimento più breve rispetto alla corrispondente chirurgia endoscopica del laringe con laser CO2.
L’esposizione, nell’approccio standard TORS, è raggiunta con una combinazione di trazione sul corpo linguale con una sutura resistente e lo spostamento del corpo della lingua nel cavo orale con un apribocca dedicato.
Sono utilizzati solo due strumenti robotici 5 millimetri Endo Wrist ® per ogni paziente: un dissettore Mariland per trazionare i tessuti e una Pinza monopolare con punta a spatola per la dissezione e coagulazione. Solitamente nessun posizionamento di clip è richiesto, ma in casi particolari ove si presentano vasi di grande calibro le clip risultano molto utili. Un dispositivo di coagulazione bipolare Dessi a punte curve, originariamente studiato per la chirurgia dei seni paranasali, può essere utile.
Il team di base per la TORS è composto da due chirurghi:
- Chirurgo alla console o primo chirurgo; si siede alla console, a pochi metri dal paziente, ha una vista 3D del campo chirurgico e il controllo dei due bracci robotici che afferrano e sezionano i tessuti.
- Chirurgo alla testa del paziente o assistente; si trova alla testa del paziente, osserva i tempi chirurgici attraverso il cavo orale o il monitor di servizio. Lavora principalmente con una coppia di aspiratori curvi per eliminare il fumo e il sangue dal campo chirurgico. Si occupa anche di posizionare correttamente i bracci robotici durante la procedura e cambiare di posizione gli strumenti robotici. Se necessario, l’assistente è tenuto ad eseguire manovre emostatiche quali coagulazione bipolare o clippare i vasi di maggiori dimensioni. Un sistema microfono-altoparlante è disponibile per la comunicazione tra i chirurghi.
Dopo 10 anni di esperienza ed il trattamento di oltre 600 pazienti i risultati sembrano interessanti sia dal punto di vista oncologico sia dal punto di vista funzionale e della soddisfazione del paziente. Per quel che concerne i costi di una tecnologia così avanzata viene sottolineato che a fronte di una spesa iniziale alta si ha un guadagno nel lungo periodo in termini di minor utilizzo della sala operatoria e tempi di degenza ridotti in maniera significativa.
Fonochirurgia (chirurgia della voce)
La fonochirurgia o chirurgia della voce è una metodica che tratta le patologie delle corde vocali. Prima di arrivare alla chirurgia si esegue frequentemente una terapia medica, anche prolungata, e un trattamento logopedico. Se dopo questi trattamenti il problema persiste occorre agire chirurgicamente. I problemi principali legati alle corde vocali sono: noduli, cisti, polipi, edemi e altre alterazioni anatomiche delle corde vocali.
Per diagnosticare tali problematiche, oggigiorno non si può prescindere da una fibroscopia laringea. Tale esame, della durata di poche decine di secondi, è molto semplice e poco fastidioso. I sondini (fibroscopi) utilizzati ed inseriti dal naso hanno diametri di pochi millimetri e sono atraumatici. L’esame non deve essere assolutamente paragonato ad una gastroscopia o ad una broncoscopia, infatti non occorre alcun tipo di anestesia per eseguirlo e non è necessario essere a digiuno.
Dopo aver localizzato il problema, se necessaria la chirurgia, si esegue un ricovero in Day Hospital inferiore alle 12 ore. La procedura va eseguita in anestesia generale e ha una durata mediamente di 10-20 minuti. Si utilizza un apribocca e con micropinze, passando dal cavo orale, si rimuove il problema sulle corde vocali. Per non traumatizzare le corde vocali si utilizzano strumenti millimetrici sotto la visione microscopica che permette di ingrandire fino a 25 volte il campo operatorio.
Il paziente dopo tale procedura non ha dolori particolari e può riprendere le attività dal giorno successivo rispettando esclusivamente un riposo vocale per almeno 5 giorni.
Chirurgia plastica
Per quel che concerne la chirurgia estetica in otorinolaringoiatria le 2 procedure più eseguite sono senza dubbio la rinoplastica e l’otoplastica. La rinoplastica è una correzione estetica della piramide nasale. Attualmente la filosofia di tale intervento è rendere più armoniosa la piramide nasale cercando di mantenere il naso il più naturale possibile. Il chirurgo, dopo un lungo colloquio con il paziente, illustra al paziente varie proposte ed insieme si decide su come procedere. L’intervento, che si esegue quasi sempre in anestesia totale, richiede mediamente una ospedalizzazione di 24-48 ore. L’otoplastica è la correzione dell’orecchio ad ansa (a sventola) ed è un intervento che si può eseguire sia in anestesia locale che totale. Con una piccola incisione posteriore all’orecchio si accede alla cartilagine dell’orecchio che viene successivamente modellata con punti di sutura. Tale intervento migliora notevolmente l’estetica del paziente che in molti casi ha orecchie asimmetriche e non gradevoli esteticamente.
CHIRURGIA DELLE GHIANDOLE SALIVARI
Le principali ghiandole salivari sono la parotide e la ghiandola sottomandibolare. Tali ghiandole servono alla produzione di saliva all’interno del nostro cavo orale. Ogni individuo ha 2 parotidi e 2 ghiandole sottomandibolari.
La parotide è situata a livello dell’angolo della mandibola, anteriormente all’orecchio. Le più frequenti patologie a carico di questa ghiandola sono il cistoadenolinfoma (tumore di Warthin) e l’adenoma pleomorfo. Sono entrambi tumori benigni, ma vanno rimossi chirurgicamente per evitare una loro crescita eccessiva che potrebbe dare problemi.
Per entrambi la diagnosi, dopo una visita otorino, si esegue con una ECOGRAFIA DEL COLLO e con un AGOASPIRATO ECOGUIDATO che permette di avere una diagnosi citologica. In alcuni casi si esegue una TAC o una RISONANZA MAGNETICA DEL COLLO con mezzo di contrasto per stabilire l’esatta dimensione e posizione della neoformazione.
L’intervento in anestesia totale, di per sé non doloroso né pericoloso, ha una sola problematica, preservare il nervo facciale che innerva i muscoli della faccia ed entra nella ghiandola parotide. In caso di danno ad un ramo del nervo alcuni muscoli non si muoveranno più creando problemi funzionali ed estetici. Per tale motivo occorre affidarsi a chirurghi esperti che conoscono l’anatomia e la tecnica chirurgica adeguata. Molti chirurghi si avvalgono di un neurostimolatore, una sorta di penna che toccando i tessuti rileva la presenza del nervo. Questo, insieme all’esperienza chirurgica, permette di preservare i tessuti nervosi eseguendo l’intervento in totale sicurezza.
La ghiandola sottomandibolare è situata in regione sottomentoniera e si può palpare spingendo con un dito sotto al mento e uno sotto la lingua dentro alla bocca. Anche questa ghiandola può presentare tumori benigni come l’adenoma pleomorfo, ma molto più comunemente della parotide presenta calcoli. I calcoli possono ostruire il dotto della ghiandola creando una fastidiosa tumefazione sotto al mento. Una volta eseguite le opportune indagini diagnostiche (ECOGRAFIA, TAC o RISONANZA) occorre rimuovere chirurgicamente il calcolo. Alcuni calcoli possono essere rimossi attraverso la bocca, altri richiedono un approccio dal collo con cicatrici cutanee che comunque mantengono una buona estetica post-operatoria.
IPOACUSIA ED ACUFENI
L’ipoacusia (perdita di udito) è frequente in molti pazienti, in particolare con l’aumentare dell’età anagrafica. È importante sapere che l’orecchio di divide in esterno (il condotto uditivo), medio (la cassa del timpano) ed interno (coclea). L’otoiatra che di trova di fronte ad una ipoacusia dovrà per prima cosa verificare la presenza di ostruzioni nel condotto uditivo (otite esterna o tappi di cerume). A livello della cassa timpanica la patologia più comune è un’otite siero-mucosa, ovvero catarro all’interno dell’orecchio medio. Questo è tipico nei bambini e anche negli adulti dopo un episodio di raffreddore. In questi casi la terapia verrà eseguita prevalentemente per via nasale in modo da permettere all’ aria di entrare dal naso nella cassa timpanica attraverso la tuba uditiva (tuba di Eustachio). Questa aria servirà per asciugare le secrezioni all’interno della cassa timpanica. All’interno della cassa timpanica vi sono anche 3 ossicini che trasmettono lo stimolo sonoro all’orecchio interno (martello, incudine e staffa). Un problema a uno di questi può creare una ipoacusia. A livello dell’orecchio interno (coclea), dove risiedono i recettori nervosi dell’udito, si possono avere delle ipoacusie per una alterazione delle cellule acustiche. E’ importante sapere che i vasi sanguigni, che veicolano sangue in questa sede, sono estremamente piccoli e anche nei giovani possono occludersi causando sofferenza alle cellule acustiche. In alcuni pazienti oltre ad avere un danno acustico può insorgere un acufene (fischio o rumore). In questi casi è fondamentale la velocità del trattamento farmacologico. Nei primi 15 giorni in cui è insorto il problema si hanno i risultati migliori a livello terapeutico.
Per capire dove è localizzato il problema (orecchio esterno, medio o interno) dopo la visita otorinolaringoiatrica è necessario eseguire un esame audiometrico e un timpanogramma. Il primo ci dirà che tipo di ipoacusia è presente (trasmissiva ovvero nell’orecchio medio o neurosensoriale ovvero nell’orecchio interno); il secondo ci farà capire se c’è catarro nell’orecchio medio.
Una volta fatta la diagnosi si procede con la terapia. Se presente un tappo di cerume nel condotto uditivo va rimosso dall’otoiatra oppure si utilizzano gocce auricolari che sciolgono il cerume. Importante utilizzare il meno possibile i cotton-fioc perché nel lungo periodo possono formare tappi di cerume. In caso di otite esterna invece andrà eseguita una opportuna terapia antibiotica.
Come già detto prima, in caso di catarro all’interno della cassa timpanica (orecchio medio), vanno eseguite principalmente terapie per via nasale per permettere all’aria di entrare nella cassa timpanica e asciugare le secrezioni dell’orecchio (lavaggi nasali, spray decongestionanti o steroidei, aerosol con docce micronizzate). Se il problema è a livello dei 3 ossicini (catena ossiculare) occorre eseguire un intervento chirurgico per ricreare la continuità o ripristinare la motilità della catena ossiculare come in caso di otosclerosi.
Per i problemi a livello dell’orecchio interno, ovvero a carico delle cellule acustiche o nervo acustico, occorre eseguire terapia con integratori che aumentano l’apporto di sangue e ossigeno a livello del microcircolo dell’orecchio, utilizzare alte dosi di ossigeno (terapia con carbogeno o camera iperbarica), o integratori che agiscono direttamente sulle cellule nervose. Se l’ipoacusia a carico dell’orecchio interno è di vecchia data è possibile utilizzare apparecchi acustici sempre più miniaturizzati e performanti. In alcuni soggetti, in particolare nei soggetti di giovane età, si utilizzano impianti cocleari (orecchio artificiale elettronico) che utilizzando un elettrodo inserito all’interno della coclea permettono al paziente di sentire.
Per quel che concerne gli acufeni, è importante sapere che tale problema affligge molte persone di tutte le età. La terapia è simile a quella usata per le ipoacusia dell’orecchio interno anche se ogni giorno si utilizzano nuovi presidi per migliorare questa patologia molto comune e in alcuni casi invalidante. Bisogna anche seguire il paziente dal punto di vista psicologico e fare accettare questo problema spiegando che nel tempo il nostro cervello limiterà questo fastidio e ci farà avvertire meno il problema.
VERTIGINI
La vertigine è una patologia molto comune che colpisce almeno una volta nella vita buona parte della popolazione. A livello dell’orecchio interno oltre alla coclea si trova anche il vestibolo o organo dell’equilibrio. Questa struttura è una sorta di labirinto scavato all’interno dell’osso temporale. Il vestibolo è infatti formato da cavità e canali che sono pieni di liquido. Quando un paziente ha un problema a queste strutture può avere la vertigine. Le vertigini sono spesso associate a nausea o vomito, in alcuni casi anche ad ipoacusia e sensazione di ovattamento auricolare (senso di orecchio pieno).
Una delle vertigini più comunemente riscontrata è la vertigine posizionale. Si chiama così perché pur essendo molto comune quasi la totalità dei casi può guarire in maniera autonoma. Questo perché il problema è causato da dei cristalli che sono attaccati alle pareti del vestibolo. Per qualche motivo, non ancora ben chiarito, si distaccano e quando una persona muove la testa (la classica situazione è alzarsi o stendersi a letto) iniziano a girare vorticosamente causando le vertigini. Questi cristalli sono però destinati a dissolversi come il sale nell’acqua e nel tempo si guarisce. Importante è muoversi molto appena possibile in modo da accelerare la guarigione. In particolare le persone anziane o quelle con movimenti limitati necessitano dell’aiuto dell’otoiatra per eseguire le cosiddette manovre liberatorie. Su di un lettino ambulatoriale si fanno dei movimenti del corpo e della testa che aiutano a dissolvere tali cristalli. I farmaci che si usano principalmente sono antinausea e integratori per il microcircolo dell’orecchio.
Un’ altra vertigine abbastanza comune è la Sindrome o Malattia di Meniere. Per motivi che non sono stati ancora chiariti all’interno del vestibolo si accumula liquido in eccesso. Questo porta a 3 sintomi principali: vertigine, ipoacusia ed ovattamento auricolare. In questo caso la diagnosi viene confermata con un esame audiometrico che evidenzia una particolare forma di sordità in particolare per le basse frequenze.
Una volta formulata la diagnosi si inizia la terapia che consiste nel somministrare diuretici endovena o per bocca in base alla sintomatologia del paziente. I farmaci antinausea vengono sempre utilizzati.
Buona regola per tutte le vertigini è muoversi appena possibile perché anche il nostro equilibrio può essere allenato.